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Mayor of Kingstown 3: recensione della serie di Taylor Sheridan (www.cinefilos.it)

Dopo una prima stagione
di indubbio spessore e
una seconda
che invece si poggiava in maniera svogliata su
quanto seminato in precedenza, Mayor of
Kingstown 3
, serie TV ideata da Taylor
Sheridan
e Hugh Dillon e prodotta per
Paramount+,
risolleva le proprie sorti artistiche con una terza stagione che
torna sui binari narrativi consoni al dramma criminale/carcerario,
anche se alla fine risulta meno coesa ed emotivamente potente di
quanto avrebbe potuto, anzi a conti fatti dovuto.

 

 

Mayor of Kingstown 3 punta a rendere Mike
McLusky una figura shakespeariana

La strategia dei nuovi
episodi punta a rendere il protagonista Mike McLusky (Jeremy
Renner
) una figura ancora più shakespeariana,
adoperando in primo luogo una voce off che insiste con efficacia su
un concetto ben preciso, gettando una vena malinconica sulla natura
di questo antieroe. La gestione dell’ordine sociale dentro e
soprattutto fuori le mura dei vari carceri che McLusky continua a
supervisionare viene messa a durissima prova da nuovi antagonisti,
primo tra tutti  il
detenuto Merle Callahan (Richard Brake), esponente
della supremazia ariana e un tempo mentore dello stesso Mike quando
anche lui era stato rinchiuso in carcere. Ma come al solito le
fazioni criminali che tentano di controllare il territorio
continuano a darsi battaglia, spargendo sangue e dolore per le
strade e dietro le mura del penitenziario.

Una maggiore organicità rispetto alla seconda stagione

Gli episodi della terza
stagione di Mayor of Kingstown dimostrano fin
dalla prima puntata di possedere una organicità narrativa maggiore
rispetto a quelli della precedente, puntando all’efficacia della
storia e allo sviluppo dei personaggi invece che allo spettacolo in
molti casi fin troppo fine a se stesso, come successo appunto in
passato. La serie torna dunque a proporre momenti dove la tensione
e il dramma legato alle relazioni tra i personaggi tornano ad
essere  il filo
conduttore, il legame emozionale che connette i capitoli. Non siamo
ai livelli degli inizi, ma il passo avanti rispetto alla
Stagione 2
è evidente e di conseguenza apprezzabile. Il
collante rimane ovviamente, e non poteva essere altrimenti, un

Jeremy Renner
che si trova a proprio, completo
agio in questo ruolo, abilissimo come in passato ad esplorare non
soltanto la dimensione arcigna ma anche le pieghe maggiormente
umane e perfettibili di Mike.

Accanto a lui il solito
ruolo di caratteristi di indubbia efficacia, che ricoprono i
rispettivi ruoli con interpretazioni grezze e taglienti come i
personaggi. L’arrivo della sempre efficace Paula
Malcomson
(Deadwood, Ray Donovan) è
un’addizione notevole al cast e quindi allo show intero. La
presenza di Richard Brake eleva poi il tono drammatico delle scene
in cui compare: la sua definizione della classica “mente” criminale
che adopera le parole al posto delle mani per produrre violenza è
di altissimo livello. L’attore visto in molti ruoli come questo
dipinge una…

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